L’ AIE LANCIA SEGNALI ALL’OPEC

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L’Aie avverte: «Se il vertice l’Opec del 30 Novembre non si concluderà con un auspicato -Taglio- Il petrolio rischia nuove cadute di prezzo»

Ormai metabolizzata l’incertezza derivata dalla nomina inaspettata di Trump a 45° Presidente Americano, il barile ritorna ad essere condizionato dalle decisioni dei membri Opec che hanno fissato il loro vertice per fine mese. Da più parti da tempo si invoca un taglio alla produzione che però non trova un accordo sulle quantità da suddividere tra i vari associati all’Opec, anche l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), ha approfittato della pubblicazione del suo bollettino mensile per lanciare un implicito appello a tagliare la produzione: se l’Organizzazione riuscirà a mettere in pratica gli accordi di Algeri il mercato «si sposterà molto rapidamente dal surplus al deficit nel 2017», scrive l’agenzia Ocse, ma se invece non ce la farà «c’è il rischio che i prezzi subiscano una nuova caduta». L’eccesso di offerta si protrarrà infatti per il terzo anno consecutivo e le scorte petrolifere – che da agosto hanno finalmente cominciato a calare – torneranno ad accumularsi. Per assurdo nel mese di Agosto le scorte petrolifere avevano cominciato a segnare un ribasso, dando la possibilità, al vertice tenuto a Settembre ad Algeri da alcuni membri Opec, di indicare la strada per un possibile accordo sulla riduzione della produzione.

Invece, ad oggi i continui aumenti della produzione daranno vita al terzo anno consecutivo di aumenti delle scorte strategiche, creando così un clima di incertezza che ha subito avuto una ripercussione sui prezzi del Brent.

Il Brent ha chiuso a 45,84 $ (-1,1%), il Wti a 44,66 $ (-1,4%).

L’Aie ha rimarcato come l’appuntamento del 30 Novembre sia essenziale per poter dare una svolta all’intero sistema anche se si rende conto quanto la sfida sia ardua, visto che gli stessi associati Opec sono i primi responsabili, insieme a quello che dovrebbe essere il maggior “ Alleato” la Russia, della crescita di produzione mondiale di ben 800 mila barili al giorno.

Mosca ha superato 11,2 milioni di barili al giorno in ottobre: in un paio di mesi – mentre proclamava di essere pronta a tagliare o congelare l’output – ha aggiunto sul mercato ben 500mila bg. Del resto l’Opec non è stata da meno: la ripresa della produzione libica e nigeriana, insieme a nuovi record per Iraq (4,59 mbg) e Kuwait (2,93 mbg) hanno spinto l’output del gruppo al picco storico di 33,83 mbg.

Per rispettare l’obiettivo di Algeri, ossia un tetto produttivo di 32,5-33 mbg, servirebbe un taglio di almeno 830mila bg. Ma i paesi del gruppo non riescono a mettersi d’accordo sulla ripartizione dei sacrifici.

Dopo essere calata di 900mila bg nel 2016 (tutti o quasi compensati dall’Opec9, la produzione non Opec risalirà di 500mila bg l’anno prossimo, prevede l’Aie, che teme che il 2017 possa rivelarsi «un altro anno di crescita senza sosta per l’offerta mondiale, simile a quello che abbiamo visto nel 2016».

La crescita della domanda dovrebbe intanto mantersi stabile: +1,2 mbg sia nel 2016 che nel 2017, in quanto «non ci sono elementi che suggeriscano un’attività economica abbastanza robusta da garantire tassi di crescita più alti».

Nonostante i suoi ripetuti avvertimenti l’agenzia parigina, nega di volersi arrogare il ruolo di indirizzare l’azione dell’Opec. Eppure, il messaggio lanciato è indiscutibilmente molto Chiaro.

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